giovedì 13 dicembre 2012
mercoledì 12 dicembre 2012
CISOM - SMOM - MILANO
Il Corpo Italiano di 
Soccorso del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di Malta di Milano è, come 
sempre, mobilitato per l’emergenza freddo. Quest’anno, il CISOM è impegnato 
nelle “unità di strada” del Comune di Milano, servizio che, di sera, fornisce 
assistenza alle centinaia di “senza fissa dimora” della nostra città. 
Servono, 
innanzitutto, Volontari che, dopo avere partecipato ad un breve corso di 
formazione (di tre lezioni), dovranno prestare servizio almeno una volta al 
mese. Raccogliamo coperte e sacchi a pelo, abbigliamento nuovo o in ottimo stato 
(solo biancheria intima, calze, felpe e maglioni, guanti e cappelli di lana), 
derrate alimentari (assolutamente confezioni monouso, in particolare biscotti, 
crackers, grissini, panini, carne e tonno in scatola) e generi di prima 
necessità (fazzoletti di carta, salviette umidificate, saponette, detergenti e 
deodoranti) che saranno distribuite, nei prossimi mesi, ai nostri assistiti. 
Sempre utili e gradite le libere offerte economiche fatte all’Ordine che 
provvederà a destinarli (al 100%) per tutte, le molte e diverse, necessità di 
questo specifico servizio. 
Per informazioni ed adesioni, rivolgetevi 
direttamente al mio “capo squadra”, Nob.Cav.Avv. Carlo Settembrini Sparavieri: 
sparavieri@gmail.com. 
Si tratta di una concreta ed impegnativa iniziativa di 
solidarietà, sociale e cristiana, nei confronti del nostro prossimo più 
sfortunato, di un gesto di autentica nobiltà, di una straordinaria esperienza, 
appagante e formativa, che consiglio a tutti, perché, aiutare gli altri, ci 
aiuta a riflettere ed a migliorare noi stessi.  Roberto Jonghi Lavarini 
Cordelia Von de Steinen.
Cordelia Von de Steinen.
La Contessa Cordelia Von 
de Steinen nasce in Svizzera nella città di Basilea dove frequenta il liceo e la 
Scuola di Arte e Mestieri. Nel 1963 arriva a Milano e si iscrive all'Accademia 
di Brera dove ha come maestro il grande Marino Marini. Nel 1965 si trasferisce a 
Roma e qui, grazie ad una borsa di studio conferitale dal Museo d'Arte di 
Basilea, vi lavora per un anno. A Carrara conosce nell'estate del 1966 Pietro 
Cascella, con cui successivamente convolerà a nozze.[1] Lavora a Pietrasanta, a 
parte un anno di soggiorno a Parigi dove vive e lavora nella Citè des Arts, fino 
al 1977. Nel 1972 nasce il figlio Jacopo. Dal 1977 col marito e il piccolo 
Jacopo si trasferisce nel castello della Verrucola di Fivizzano. Ha insegnato 
disegno e scultura, ha realizzato costumi teatrali e gioielli e sono tantissime 
le sue opere pubbliche e private, e nei musei, sparse in tutto il mondo. 
lunedì 10 dicembre 2012
La Nobile Famiglia Borio.
La Nobile Famiglia BORIO di Burio, Costigliole, Tigliole ed Orzinuovi. 
Per ritrovare le 
remotissime origini della famiglia Borio dobbiamo considerare le terre di più 
risalente concentrazione di questo cognome in Piemonte, ossia la zona tra il 
Monferrato e le Langhe. Nei secoli prima di Cristo vivevano in tutte le Alpi 
Occidentali i Liguri, a cui si aggiunsero, dopo il V Secolo a.C., i Galli o 
Celti. In particolare, tra Alba, Asti e la Valle del Tanaro (ossia proprio tra 
il Monferrato e le Langhe) si stanziò la tribù celtica dei Buriates o Eburiates, 
che fondarono il villaggio di Burio, ora una piccola frazione di Costigliole 
d’Asti, ma a quei tempi la loro “capitale”. Sempre a pochi chilometri da 
Costigliole si ritrovano, inoltre, Borio frazione di Barbaresco (verso Alba) e 
Burio frazione di Moasca (verso Nizza Monferrato). Continuando, nei pressi di 
Mondovì, come ci dice l’Amato Amati[1], si ritrovano Borio frazione di Lesegno e 
Borio frazione di Montaldo, mentre in posizione più decentrata si ha Casaleggio 
Borio (alias Boiro) in provincia di Alessandria. Tutte queste località, o parte 
di esse, potrebbero avere tratto il loro nome dai Buriates, come Burio di 
Costigliole (ma l’ipotesi è assai improbabile essendo tutti insediamenti di 
formazione molto più recente rispetto al periodo celtico), oppure dal sostantivo 
occitano “bòrio” che significa “casa rurale” o “maniero”[2]. Tuttavia sembra più 
verosimile che esse abbiano assunto la loro denominazione da dei Borio 
stanziatisi nei loro territori; tale fenomeno risulta molto diffuso soprattutto 
nei periodi più risalenti: un piccolo insediamento (come lo sono tutti quelli 
sopra citati) prendeva il nome dalla principale e più numerosa famiglia che lo 
abitava (come le località Borio di Ronco, Borio di Sezzadio, Bricco dei Borio di 
Costigliole e Bori di Novello). Infatti, in tali zone il cognome Borio è 
presente sin da antichissima data, come ci conferma il noto studioso monferrino 
Aldo di Ricaldone, che scrive “Ma esistette ed esiste tuttora, validamente 
rappresentata, la famiglia Borio...di nobiltà feudale che tenne parecchi 
castelli nell’astigiano e nell’alessandrino”[3]. Infatti la casata risulta avere 
la signoria di Sezzè (oggi Sezzadio) addirittura nel secolo XI (ove ancora 
attualmente una località porta il nome Borio) e sin da tempi remoti risulta 
distinguersi in vari borghi dell’astigiano e dell’albese, quali, per l’appunto, 
Costigliole d’Asti, Villanova d’Asti e Novello. Altro luogo in cui si trova ab 
immemorabile la presenza del cognome Borio è la città di Torino. Membri della 
famiglia sono citati nel Consiglio di Credenza di Torino sin dal 1199[4], essi 
appartenevano ad un ceto dominante, una sorta di patriziato locale che, legato 
al vescovo da vincoli vassallatici, occupavano i posti chiave nelle 
amministrazioni civili e religiose, possedevano il suolo urbano, beni nel 
distretto torinese e traevano dalla terra e dalle case buoni redditi, con cui 
controllare la finanza civile ed una pluralità di attività economiche. Torino ai 
suoi albori era un piccolo villaggio alla confluenza tra il Po ela Dora e presso 
lo sbocco della Valle di Susa. La zona era abitata dai Taurini, popolo che 
nasceva proprio dalla fusione tra i Liguri ed i Galli. Ora, non possiamo sapere 
se i Borio torinesi fossero autoctoni o provenissero dalle regioni 
sud-occidentali del Piemonte, ma sicuramente questo cognome appare sempre in 
qualche modo legato a luoghi d’insediamento dell’antico popolo dei Liguri e dei 
Celti. Considerato quanto sopra esposto, è verosimile ritenere che il cognome in 
questione fosse un toponimo, ossia potrebbe essere stato assunto da vari nuclei 
famigliari, probabilmente imparentati tra loro, provenienti da una località 
denominata “Borio” o “Burio” corrispondente ad uno dei territori sopra 
considerati. A sostegno di ciò risulta anche l’antica forma del cognome che, 
solitamente, appare al genitivo che potremmo definire “di provenienza” (tradotta 
in italiano preceduta dalla particella “di”[5]) e spesso scritta come “Burio” 
(si vedano i vari atti anagrafici più risalenti, particolarmente in Costigliole 
e Novello); considerata l’estrema antichità del cognome si spiega anche la 
significativa diramazione della famiglia in varie zone del Piemonte. Ma possiamo 
andare oltre nell’analisi dell’origine della famiglia, per arrivare a 
conclusioni eccezionali ed assai verosimili. Don Paolo Prunotto in un suo 
recente studio storico su Costigliole d’Asti [6], in merito ai Borio di quel 
luogo, di cui si scriverà abbondantemente nel capitolo seguente, riporta quanto 
segue: “[omissis].Sembra, da documenti antichi risalenti almeno al XIII secolo, 
che esponenti di tale famiglia [Borio] dimorassero già all’epoca nel territorio 
del nostro Comune (nel patto di fedeltà tra gli abitanti del nostro paese a la 
città di Asti datato 13 luglio 1198, tra i nomi dei personaggi abbienti che 
giurarono fedeltà compare un tale Guglielmo dei Burri, cognome in cui sembra 
possa ravvisarsi un esponente di tale famiglia) [omissis]”. Dunque questo 
Guglielmo dei Burri potrebbe essere il capostipite dei Borio di Costigliole; 
egli proveniva dalla castellania di Burio di Costigliole. Considerato il periodo 
assai risalente, non è del tutto azzardato ritenere che questo Guglielmo fosse i 
capostipite di tutti i Borio e avesse sangue di quella tribù celtica, 
probabilmente mescolato a qualche gene romano. Senza dover scomodare la 
mitologia o ricorrere a fantasiose ricostruzioni storiche, come accadde per 
grandi e nobilissime famiglie che vollero fare risalire a tempi remotissimi le 
proprie origine, ecco che i Borio possono ritrovare le proprie radici, con una 
certo verosimiglianza, in quella castellania di Burio e, perché no, magari con 
qualche goccia di sangue di quella tribù celtica. Altra ipotesi sull’origine del 
cognome sarebbe, invece, che esso sia in realtà un patronimico, derivante dal 
nome proprio latino “Borius” oppure “Boverio”; quest’ultimo nome, che divenne 
poi anche un cognome tipico di quelle zone, appare nella famiglia aleramica dei 
Del Vasto, signori proprio delle terre di primordiale origine della famiglia 
(ossia Agliano, Loreto, Burio etc., si veda il capitolo sui Borio di Villanova). 
Comunque sia, si può tranquillamente affermare che già alla fine dell’300 la 
famiglia poteva essere raggruppata in due ceppi principali, ossia: quello di 
Costigliole, che probabilmente, data l’antichità (ante 1198, come detto) 
rappresenta il nucleo originario di tutti i Borio e che si diramò sicuramente a 
Tigliole e, poi, nelle Langhe, ossia a Novello e da li a Niella Tanaro, Bene 
Vagenna, Cavallermaggiore e Marene (con lo stemma di rosso al gallo d’oro posto 
su di un monte di tre cime di verde) e quello di Villanova d’Asti (di cui si 
hanno notizie dalla metà del 1300) che si diramò sicuramente in Moncalieri, 
Chieri, Andezeno, Pecetto e Carmagnola, della cui città vari esponenti furono 
più volte sindaci[7] (con lo stemma d’azzurro alla banda d’argento caricata da 
un leone di nero lampassato di rosso). E’ bene sottolineare che tutte le 
principali località sopra indicate, ed in particolare Costigliole, Tigliole, 
Novello, Bene Vagenna, Niella Tanaro e Villanova sono situate in un raggio 
geografico massimo di trentacinque chilometri; considerando, pertanto, la 
vicinanza e l’antichità del cognome, si può ritenere che tutti i rami possano 
avere, molto verosimilmente, una comune origine. Rimangono esclusi dalla 
suddetta “mappatura”, poiché di pressoché impossibile collocazione, data 
l’antichità del periodo, i Borio di Torino, presenti in città prima del 1199, 
come detto, ed i Borio del Canavese (Vialfrè, Ciriè e Balangero). Infine, si 
riscontra una famiglia antichissima autoctona di Ronco di Cossato, di cui una 
contrada porta ancora il nome Borio, che si diramò poi nel Biellese (Biella e 
Gaglianico, ove i fratelli Giovanni Battista, Giacomo e Giovanni Borio vengono 
infeudati di beni feudali il 23 agosto 1692). In Vialfrè risultano antichissimi 
abitanti, da li, probabilmente si diramano a Ciriè, ove appaiono tra le 
principali famiglie e siedono nel Consiglio di Credenza almeno dal 1391[8], 
forse nella persona stessa di quel Bertino castellano di Balangero alla fine 
dell’300 (Ciriè e Balangero distano solo otto chilometri). Giovannino Borio 
acquista nel 1580 alcune terre feudali alla Pié di San Carlo (Ciriè) e ne viene 
investito tardivamente nel 1602[9]. Come ci ricorda una lapide datata 10 
dicembre 1647 nell’antica sacrestia di S. Giuseppe in Ciriè, i coniugi D. D. 
Giuseppe e Genta Borio provvedono aere proprio alla decorazione della nuova 
chiesa fondando un legato con l’onere della celebrazione di un funerale in loro 
suffragio e di una messa mensile ed in perpetuo (che si celebra ancora oggi). 
Gli stessi coniugi, infine, donarono alcune terre alla Parrocchia site sempre in 
S. Carlo, località S. Luca, che furono vendute solamente nel 1973[10]. A Marene, 
allora nel territorio di Savigliano, appaiono cospicui. Si ricorda Vincenzo (n. 
1580 circa) di Giovanni (n. 1540 circa), che, in occasione delle nozze della 
figlia Maria con il Nobile Giovan Battista di Chiaffredo Testa di Savigliano, 
costituisce il 21 aprile 1623 una dote di 600 fiorini ed alcuni gioielli ed 
indumenti alquanto preziosi[11]. Un altro Vincenzo, causidico, il 9 luglio 1700 
risulta procuratore in Casale del Monastero della Visitazione di S. Maria di 
Torino[12]. A Bene Vagenna si deve ricordare in particolar modo il Signor 
“Mareschiale” Giovanni Domenico Borio di Gualino, mareschiale della compagnia 
del signor conte Todesco, ferito da una moschettata durante l’assedio di Valenza 
del 1641, al quale il Duca concesse Lire 600 in riconoscimento dei suoi 
servizi[13] ed al quale la Duchessa di Savoia concesse un vitalizio al termine 
della sua carriera per “longa fedele servitù” con patente del 30 gennaio 
1677[14]. Altro Giovanni Domenico, forse di Bene oppure di Costigliole, risulta 
nominato “aiutante del maggiore della città di Asti” con patenti del 30 novembre 
1690 della Duchessa Anna di Savoia-Orleans[15]. A Villanova d’Asti fiorirono in 
particolar modo. Di questa famiglia se ne darà di seguito una genealogia, 
sebbene parziale. Si pensa, data l’estrema vicinanza geografica, che anche i 
Borio di Andezeno e di Chieri, paese confinante con Villanova, appartengano allo 
stesso ceppo. In particolare i Borio di Chieri tentarono senza successo un 
consegnamento d’arma il 5 maggio 1580 nelle persone di Messer Giovanni e di 
Messer Giovanni Battista Borio, alfiere di Milizie, ma di uno stemma diverso 
rispetto a quella dei Borio di Villanova e Moncalieri (ossia “un bufalo”) e che, 
nel verbale del consegnamento, viene detto come spedito da Milano[16]. Inoltre, 
si ha notizie di una Madonna Maria del fu Messer Michele Bori di Chieri vedova 
prima del fu Pietrino Bertola, et in secondo del fu Messer Gianni Corbella con 
casa propria a Torino nel Borgo di Po[17]. Questa famiglia di Chieri, in verità, 
anche se trascritta come “Borio” nei consegnamenti, potrebbe essere un ramo 
della famiglia Bori o Borri di Milano, della quale un altro ramo piemontese, 
detto Burri o de Burris, aveva la signoria di Vespolate, con il medesimo stemma 
d’argento al bue passante di nero. 
mercoledì 5 dicembre 2012
Cardinale Enrico Benedetto Stuart, Duca di York.
Their Royal Highnesses the 
Duke and Duchess of Gloucester inaugurate the coat of arms of Henry Benedict 
Stuart, Cardinal Duke of York, at the Pontifical Scots College, Rome. During 
their recent visit to Rome, on November 30th, the feast of St Andrew, Patron 
Saint of Scotland, Their Royal Highnesses the Duke and Duchess of Gloucester 
visited the Pontifical Scots College. Among the various events of the visit, the 
Duke of Gloucester unveiled a reproduction of the coat of arms of Henry Benedict 
Stuart, Cardinal Duke of York, painted by Marco Foppoli (AIH) and donated by the 
artist with the consent of the Cardinal Henry Stuart Society of Rome, who own 
the original painting, which joins several Stuart portraits in decorating the 
new lecture theatre dedicated to the Cardinal Duke of York. The reproduction of 
the coat of arms of the last descendant of the Royal House of Stuart, of 
England, Scotland, Ireland and Wales, who lived and died in Rome, was 
appreciated by HRH the Duke of Gloucester who said he was honored to inaugurate 
the arms of his "Cousin". HRH The Duke of Gloucester unveils the restored arms 
of Cardinal York painted by Marco Foppoli (AIH) at the Pontifical Scots College, 
Rome. 30 November 2012
I Duchi di Gloucester 
inaugurano lo stemma del Cardinale Enrico Stuart al "Pontifical Scots College" 
di Roma. Durante la recente visita romana delle LL.AA.RR. il Duca e la Duchessa 
di Gloucester, il 30 novembre, giorno di S. Andrea, hanno visitato il Pontifical 
Scots College di Roma. Tra le varie iniziative della visita i Duchi di 
Gloucester hanno scoperto una riproduzione dello stemma del Cardinale Enrico 
Benedetto Stuart, Duca di York dipinto da Marco Foppoli (AIH) e donato 
dall'araldista in accordo con il Comitato del Cardinale Enrico Stuart di Roma al 
Pontifical Scots College che ha dedicato alla memoria del Cardinale di York la 
sala conferenze del Collegio. La riproduzione dello stemma dell'ultimo 
discendente della Casa Reale degli Stuart d'Inghilterra, Scozia e Irlanda - che 
visse e morì a Roma -, è stato apprezzato da S.A.R. il Duca di Gloucester che si 
è detto onorato di inaugurare lo stemma di suo "Cugino". 
martedì 4 dicembre 2012
Beato Imperatore Carlo.
Roberto Jonghi Lavarini Vi 
invita a partecipare alla presentazione del libro sul Beato Carlo d'Asburgo, 
ultimo Imperatore erede del Sacro Romano Impero. Interverrà Sua Altezza 
Imperiale l'Arciduca Martino d'Austria-Este. 
Carlo d'Asburgo, l'ultimo 
Imperatore. Presentazione del libro: "Carlo d'Asburgo, l'ultimo Imperatore". 
Martedì 4 dicembre 2012, ore 18.00 sala Maria Teresa, Milano, via Brera 28. 
Martedì 4 dicembre, Ore 18.00 nella sala Maria Teresa della Biblioteca Nazionale 
Braidense, a Milano in via brera 28 viene presentato il volume "Carlo d'Asburgo, 
l'ultimo Imperatore" di Roberto Coaloa. Ne discutono con l’autore Giorgio Mosci, 
(editore Il Canneto di Genova), Monsignor Arnaldo Morandi, l’Arciduca Martino 
d'Austria-Este (nipote dell'ultimo Imperatore), Marco Carminati, Giorgio Galli, 
Martino Negri e Igor Sibaldi. Il «gentiluomo europeo», profeta di pace nella 
Grande guerra. L’avvento al trono di Carlo, ultimo imperatore 
dell’Austria-Ungheria, rappresenta l'atto finale di una epopea secolare 
finalmente restituita al valore che ebbe sulla Grande Guerra. La fine 
dell’Austria Felix è preludio dei fatali totalitarismi del Novecento e chiude 
per sempre l’era più feconda della Vecchia Europa. Carlo fu un progressista, 
nonché moderno, rispetto a suo prozio Francesco Giuseppe. Fu il primo tra i 
sovrani europei ad installare i telefoni nel suo palazzo imperiale per le 
comunicazioni interne, il primo a guidare l’automobile, il primo a volare su un 
aeroplano. L’ultimo imperatore fu straordinariamente attuale anche nei rapporti 
con la moglie, l’imperatrice Zita, che trattò da pari a pari, impensabile per 
l’epoca. Un personaggio moderno, ma dalle radici antiche, quasi medievali, 
legate ad un atavismo di santi e cavalieri, che non facilitò l’imperatore nelle 
relazioni con la cinica diplomazia europea e americana d’inizio Novecento. 
Cresciuto in un ambiente in cui la parola data aveva un senso profondo, per il 
«gentiluomo europeo» era inconcepibile, ad esempio, il fatto che Miklós Horthy 
non mantenesse la propria parola. O che un uomo del suo entourage come il 
ministro degli esteri, Ottokar Czernin, approfittasse di un suo malessere per fargli firmare una dichiarazione.
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